Essere afroamericani durante la segregazione razziale non è semplice, essere donne afroamericane è ancora più difficile, essere donne afroamericane e avere un ruolo all’interno della NASA sembra impossibile. Eppure c’è una donna che è riuscita a fare la differenza. 

Nata il 9 aprile 1921 a Hampton, Virginia, Mary Jackson inizia a mostrare un interesse precoce per la matematica e la scienza, anche se, all’epoca, le opportunità educative per le persone di colore erano limitate. Frequenta l’Università di Hampton, dove si laurea in matematica e fisica. Dopo la laurea, insegna matematica in una scuola segregata per studenti neri.

Nel 1951, si unisce al Langley Research Center della NASA – all’epoca National Advisory Committee for Aeronautics (NACA) – come una delle prime donne di colore ad essere impiegate come “computer“. Questo termine non si riferiva ai moderni dispositivi elettronici, ma a matematiche altamente qualificate che eseguivano calcoli complessi. Tuttavia, Jackson aspirava a di più.
Lavora sotto la supervisione di Kazimierz Czarnecki, un ingegnere aeronautico polacco che la incoraggia a perseguire un percorso in ambito ingegneristico. Un momento cruciale nella sua carriera che rappresenta la svolta per realizzare il sogno di diventare un ingegnere.

Mary Jackson affronta le discriminazioni razziali e di genere che erano diffuse nell’America degli anni ‘50 e ‘60. Tuttavia, non si perde d’animo e riesce a ottenere il permesso, da parte del comune di Hampton, di frequentare i corsi serali di matematica e fisica organizzati dall’Università della Virginia presso una struttura riservata ai soli studenti bianchi. Nel 1958 diventa la prima ingegnera aerospaziale afroamericana in forza alla NASA.

I contributi fondamentali all’Aeronautica

Mary Jackson lavora presso lo Space Task Group, dove nel corso degli anni si occupa di calcolare le finestre di lancio, le traiettorie e i percorsi di ritorno di tantissimi voli spaziali, da quello di Alan Shepard – il primo astronauta americano nello spazio – sino agli Space Shuttle dei primi anni Ottanta, passando per la missione Apollo 11 del 1969.
Nel 1962, poco prima di partire per il suo storico viaggio orbitale, John Glenn – non fidandosi dei calcoli realizzati dal computer IBM da poco in dotazione alla NASA – chiederà proprio a lei la verifica di tutti i dati.

Il lavoro di Mary Kackson e il suo impegno nell’affrontare le disparità di genere e razziali restano una fonte di ispirazione per tutti coloro che cercano di superare gli ostacoli e realizzare il loro pieno potenziale.
La sua storia è raccontata anche nel film Hidden Figures (in italiano Il diritto di contare) uscito nelle sale nel 2016 e incentrato sulle figure di Mary Jackson, Dorothy Vaughan e Katherine Goble Johnson, le tre donne afroamericane che – sfidando razzismo, sessimo e leggi segregazioniste – hanno dato un contributo fondamentale ai programmi spaziali della NASA, a cominciare dalla missione che portò John Glenn in orbita intorno alla Terra.

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