La redazione del Blog del Festival della Cultura tecnica ha intervistato la ricercatrice Michela Leonardi, che da anni si occupa degli effetti del cambiamento climatico sulle specie animali.

L’emergenza Covid-19 ha messo in luce lo stretto legame tra salute umana e natura. Mentre lavoriamo per ricostruire meglio, dovremmo operarci per farlo in modo da supportare il nostro pianeta e i suoi abitanti.
Dal cibo che mangiamo all’aria che respiriamo, dipendiamo dalla biodiversità per la varietà della vita sulla terra e dai legami tra tutti i suoi elementi. Eppure, stiamo consumando risorse naturali e distruggendo habitat e specie naturali ad un ritmo che supera di gran lunga la capacità del pianeta di rigenerarsi.

La protezione della natura è una delle maggiori sfide della nostra vita. Perché dovremmo preoccuparci del cambiamento climatico? Lo abbiamo chiesto alla ricercatrice Michela Leonardi, ideatrice del gioco da tavolo ‘Climate change’ – dedicato all’evoluzione e alla distribuzione delle specie animali in relazione al clima – di cui vi avevamo parlato in un articolo precedente: clicca qui

Qual è l’insegnamento che possiamo trarre dalla biologia evolutiva quando si parla di emergenza climatica?

Noi pensiamo al cambiamento climatico come un problema recente. Quello che manca nella nostra visione è sapere che il clima è sempre cambiato, influenzando la formazione delle specie viventi.
Il mio lavoro è cercare di identificare il ruolo dei cambiamenti climatici nelle specie animali negli ultimi cinquantamila anni, un periodo non casuale che ci fornisce informazioni utili. Grazie al metodo di datazione del carbonio-14 – che permette di datare i reperti archeologici di origine organica con un’età inferiore a cinquantamila anni – possiamo sapere dove sono vissute le specie animali.
Inoltre, questo stesso periodo testimonia fluttuazioni di clima importanti. Ne è un esempio il film d’animazione ‘L’era glaciale’ che ha come protagonisti animali – oggi estinti – che convivono con un clima molto diverso dal nostro.
La storia del pianeta è un continuo susseguirsi di epoche molto fredde (l’ultimo massimo glaciale è stato registrato intorno a ventunomila anni fa) e periodi più caldi, come quello iniziato da circa dodicimila anni e in cui viviamo ancora oggi. Le specie animali possono adattarsi a queste fluttuazioni climatiche, e i conseguenti cambiamenti di vegetazione, grazie alla selezione naturale. In altri casi capita che siano indotte a spostarsi oppure, nella peggiore delle ipotesi, si estinguano.

Da cosa è dettata la reazione di una specie animale ai cambiamenti climatici?

Tutto dipende da quanto sia adattabile la specie e quale sia la misura della variazione climatica. Tutti sappiamo che il mammut è estinto, eppure la sua scomparsa non è avvenuta ovunque nello stesso momento: una sua testimonianza è rimasta in una piccola isola a nord della Siberia fino a quattromila anni fa.
Ogni volta che parliamo di cambiamenti climatici affrontiamo fenomeni complessi. Tendenzialmente semplifichiamo la lettura del mondo immaginando degli eventi di azione e reazione.
Ad esempio, quando gli Europei si sono spostati in Australia hanno introdotto lepri e conigli, animali abituati ad un ambiente popolato da molti più predatori. Ciò ha determinato una diffusione incontrollata di questa specie. Come hanno pensato di risolvere il problema? La reazione più ovvia è stata immettere dei predatori: ciò ha determinato la distruzione della fauna locale.
Questa è la dimostrazione di uno dei problemi più diffusi nella gestione della biodiversità e dell’ambiente. Quando si parla di ambiente si parla di tante realtà interconnesse: in mancanza di un’analisi approfondita e della conoscenza di tutti i fattori che possono intervenire è molto difficile operare la scelta giusta. Per questo gli scienziati si operano per far comprendere che anche azioni apparentemente irrilevanti possono avere ripercussioni molto gravi. L’estinzione di una singola specie – anche un insetto o un roditore – può avere effetti devastanti su intere regioni.

Se è vero che il clima evolve autonomamente, è lecito pensare che l’uomo non sia responsabile dell’emergenza attuale?

È sbagliato pensare che se il clima cambia già naturalmente le azioni umane non lo influenzino: questo è il tipico esempio di fallacia logica. Se il clima è sempre cambiato non significa che un evento non possa indurlo a mutare più consistentemente o in una direzione imprevista. Inoltre, la differenza principale tra il cambiamento attuale e quello passato risiede nell’ordine di tempo.
Proviamo a capire meglio quest’ultimo aspetto con un esempio. Immaginiamo di percorrere una strada dove è posizionata una bomba. Se stiamo camminando abbiamo tutto il tempo per vedere la bomba, reagire, cambiare strada o fermarci. Ma se siamo su una macchina da corsa, quando ci accorgiamo della sua presenza non abbiamo il tempo di evitarla o cambiare direzione, e saltiamo in aria!
Questo è esattamente il problema del cambiamento climatico attuale: la velocità con cui il clima sta cambiando a causa dell’attività umana non permetterà alle specie animali, a differenza del passato, di adattarsi e reagire.

Come avvicinare i più giovani a queste tematiche, e in generale alle discipline tecniche e scientifiche?

I più giovani dimostrano una curiosità simile a quella degli scienziati. È bello condividere materie che ci appassionano con persone che si appassionano a quello che facciamo.
È importante trovare un linguaggio capace di presentare efficacemente la cultura tecnica e scientifica alle nuove generazioni. La scienza ci sta offrendo dei messaggi importanti in questo momento di emergenza, non dobbiamo permettere che questi insegnamenti vengano dispersi.
Non è sempre facile per la collettività identificare quali siano le informazioni giuste e utili, il metodo scientifico può aiutarci a trovare la soluzione migliore tra le conoscenze disponibili. Per questa ragione avvicinare i ragazzi alla scienza permette loro di avere strumenti supplementari per affrontare il mondo.
Un modo per trasmettere l’entusiasmo per la scienza è raccontare gli elementi che la rendono interessante e straordinaria. Ad esempio, sapevate che i leoni vivevano in Europa fino a poche centinaia di anni fa?

Da alcuni anni il Festival della Cultura tecnica si occupa della dimensione di genere. Qual è la tua esperienza personale nel mondo della scienza e della tecnica?

Gli stereotipi di genere sono presenti in tutti gli ambiti sociali, non solo in quello scientifico. Nel nostro campo esiste una forte disparità nelle progressioni di carriera.
Ci sono delle misure che permettono migliorare la situazione (per esempio alcuni centri di ricerca in cui ho lavorato avevano l’asilo interno per i figli dei dipendenti), ed è fondamentale che le istituzioni e le università le mettano in atto per indurre un cambiamento positivo.

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